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Il topo di città e il topo di campagna (G. Gozzi)



Un sorcio, che in città facea sua vita,

vide un dì il cielo placido e lucente.

Questo ad uscire e a passeggiar l'invita

alla campagna ed a fuggir la gente.

E mentre in parte ombrosa e assai romita

si gode, e nulla fuor che l'aura sente,

con passo onesto e faccia assai tranquilla

gli venne incontro un topolin di villa.

Con somma cortesia fan le abbracciate,

diconsi ben venuto e ben trovato:

fin che il sorcio di villa disse: - Entrate

meco in un bucolin da questo lato:

certo vogl'io che un bocconcel mangiate,

e siate del cammino ristorato. -

Così gli dice, e seco il conducea

nel bucolin che per albergo avea.

Quivi il povero sorcio contadino

con noci e poma e pere ed altre frutte

fàgli accoglienza come a un suo cugino

ma perde le fatiche e l'opre tutte;

poi che al sorcio gentile cittadino

paion quelle vivande vili e brutte;

nessuna di sé degna tien che sia,

onde le assaggia sol per cortesia.

E su 'l partirsi con gentil parlare

dissegli: - Amico, deh! Fammi un piacere

io t'attendo doman meco a pranzare:

sto nel tal loco: addio: viemmi a vedere. -

Vassene; e l'altro, che solea mangiare

spesso radici e gli parea godere,

ritrova il cittadino a grande onore

star nella guardaroba d'un signore.

La casa ivi parea dell'abbondanza:

cacio, prosciutti, salsicce e salami,

olio e butirro v'è sì che n'avanza,

roba per mille seti e mille fami.

E' ricevuto con gentil creanza;

e perché a suo piacer mangi e si sfami,

tosto senza aspettar desco o tovaglia,

assalgon tutti e due la vettovaglia.

Ma una gatta miagolar si sente,

onde si credon morti e rovinati:

fuggono tosto, e cascan lor dal dente

i cibi saporiti e delicati.

Passato il rischio vanno incontinente

alla lor mensa, ed eccogli assettati:

ma ecco un cuoco apre la serratura

e si rimpiattan pieni di paura.

La terza volta tornano a sedere:

la terza volta ancor credon morire,

perch'entra nella stanza uno staffiere

che gli fa dalla tavola fuggire.

Tornan la quarta e speran di godere;

ma una femminetta ecco venire,

onde di su e giù vengono e vanno,

con sospetto ogni volta e con affanno.

Il sorcio villanel, che ognora visse

felicemente e cheto nella sua campagna,

e cupidigia o tema non l'afflisse,

e vede or morte ogni boccon che magna,

prese licenza e in tal guisa gli disse:

- la tua gran mensa il cor non mi guadagna.

Ti dico il vero: a me, fratel, non piace

tanta abbondanza e non aver mai pace.