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L'Angelo smarrito (di Giuseppe Fanciulli)



Nella vigilia di Natale lo stormo degli angeli, che sulla grotta di Betlemme dètte l'augurio di pace agli uomini di buona volontà, ritorna a passare per i cieli; e qualcuno talora scorge fra le stelle il trasvolante balenio di argento. Questo, almeno, dicono vecchi e bambini nel villaggio, e ne è arrivata la voce anche a gente di città.

Questa volta pochi pensano agli angeli; il villaggio è vuoto. La campana non suonerà per la messa di notte. Una sola luce brilla discosta dalle ultime case, e stende nella neve un riquadro bianco, cristallino. Nella stanza terrena c'è qualcuno che lavora: grosse mani, e oggetti minuti sparsi sopra la tavola bruna. Sul camino il ciocco si è addormentato dentro a un cappuccio di cenere. 
Due donne una giovane, una anziana - e un vecchio. Non parlano, tanto sono attenti e affrettati in quel lavoro. Ma all'improvviso la donna giovane alza la faccia, e abbandona le mani sulla tavola, con un grido sommesso. Si voltano anche gli altri: c'è qualcuno, di là dalla finestra, che guarda.
Stettero un momento sospesi, poi la donna anziana disse: - Fallo entrare.
Il vecchio si mosse per aprire la porta. Entrò con un fruscio di passi leggeri, un giovane tutto bianco, e andò a sedersi sull'orlo del camino; aveva una faccia pallida, ombrata di capelli biondi, con grandi occhi; pareva stanco.
Era entrato anche il respiro freddo della notte, e un tremolio di stelle; ma quel soffio dopo un attimo cadde nell'ombra, e la mite luce della lampada parve uguale.
La donna anziana guardava l'ospite con severità. Poi disse:
-Come mai ti trovi qui? Il marito di questa donna e un altro mio figliuolo partirono coi soldati, in guerra.
Il bel viso si velò di fugace rossore, una voce pacata e nitida rispose:
-Io non sono di questi paesi.
-Allora - riprese il vecchio - non sai nemmeno che sono fuggiti tutti.
Si sentì intorno, più vasta e più nera, la solitudine della notte.
lo non ho voluto andarmene - riprese il vecchio.
-Hai veduto quel pruno  fuori della porta? Ho le radici come lui. Nessuno ci farà del male, se Dio non vuole.
-Devi avere incontrato tanta gente lungo le strade; continuò la donna - come mai ti sei fermato qui?
-Anch'io avevo dei compagni, e mi sono smarrito - rispose la voce grave.
-Hai fame?
Il giovane accennò di no. Gli bastavano un po' di tepore e quei visi di buona gente da guardare.
-Non pensate a me; presto riprendo il volo; - aggiunse - e continuate il vostro lavoro.
Con qualche esitazione quei tre si riavvicinarono alla tavola. Nel silenzio seguirono colpetti discreti di arnesi volenterosi.
Dall'angolo del camino quei grandi occhi guardavano attenti. Qualche - curiosità si risvegliò anche nel ceppo, che gettandosi indietro il cappuccio di cenere, accendeva un lume rosso, sfavillante.
-Che cosa fate? - domandò l'ospite.
Si volsero tutti e tre, e rimasero sospesi a guardare la figura bianca, che ora nel chiarore del ceppo ridesto pareva splendere.
-Prepariamo un balocco per la nostra bambina; disse la donna anziana - la bambina è di là, dorme.
Quella faccia luminosa sorrise, e parve splendere ancor più.
-Ti fa meraviglia - disse la donna giovane - che si possa pensare a balocchi in giorni come questi?
Domani è Natale ugualmente.
-Forse tu non conosci le usanze di questi luoghi; continuò il vecchio - ma devi aver udito parlare della nostra festa di Natale, perché venivano qui anche di molto lontano. Avresti veduto, negli anni scorsi, i fanali delle slitte correre come stelle cadenti, a centinaia. Andavamo tutti alla messa e poi si facevano le cene. Non c'era casa di povero che non avesse il suo lume e il suo dono. Le fisarmoniche suonavano per tutta la notte, e i giovani non si stancavano di cantare. Anche i miei figliuoli cantano da maestri. Una gran festa. Si poteva essere contenti davvero, quando si aveva la coscienza tranquilla. E ora...
La mano accennava intorno. La cortina di nero inquietante silenzio nascondeva chi sa quali rovine.
-Ora non c'era una ragione, - continuò la donna giovane - perché la mia bambina non avesse la sua festa. Che cosa ne sa lei? che colpa ne ha lei? Anche quest'anno ha chiesto il suo dono al Bambino. E sai che cosa? Una casa. È strano, vero? Forse perché tante rimangono vuote o bruciano.
-A pensarci, una casa è il meglio di tutto - aggiunse piano la donna anziana.
-Ma come contentare la bambina? - riprese l'altra.
Suo padre e suo zio non potevano andare a comprarla in un grosso paese dove si trova di tutto: chi sa dove sono, poveri cristiani. Io l'ho sognato il mio sposo; mi ha detto: contentatela, via. E ci siamo messi noi a fabbricare la casa, come si può. Lavoriamo mentre lei dorme, perché deve essere una sorpresa. Ora è quasi finita; domani la vedrà. E tu la vuoi vedere?
Il vecchio portò sotto alla lampada, in piena luce, la piccola casa. Alta un due palmi, col tetto spiovente e il camino su un lato, somigliava in tutto alle case di quei villaggi. Giudiziosamente avevano un po' annerito il legno di betulla, perché non sembrasse troppo nuova.
-Lei stessa, rivolgendosi al Bambino, - riprese la madre, con un calore di contentezza nella voce - ci ha detto come l'avrebbe voluta. A due piani, per esempio, e con la colombaia.
Il vecchio disse serio - I colombi ora sono tutti a dormire; ma domattina usciranno fuori.
Toccò un nascosto congegno, e sul finestrino alto si affacciarono due colombi azzurri e bigi.
- Ora siamo per finire l'arredamento; - disse la madre puoi anche vedere; e non badare se c'è un po' di disordine.
Il vecchio girò la piccola casa, ne tolse lo sportello, e scoprì tutto l'interno: quattro stanze, due terrene e due al primo piano; giù la cucina e il tinello; di sopra, le camere. Seduto sul camino c'è un gatto nero. La scala ha una balaustra rossa. A una camera manca il lettino; ma gli armadi sono già pieni; le grosse dita del vecchio ne aprono uno, e si scoprono i vestitini dai colori campestri, appesi in fila.
La piccola casa girò su se stessa, e tornò a mostrare la sua facciata di accogliente serenità.
-Il balconcino è lei che l'ha voluto, - disse la madre "per vedere di lassù quelli che torneranno", ci ha spiegato. -
E la voce, ora, un poco tremava.
-Avrebbe anche voluto, - prese a dire la donna anziana - qui presso alla porta, un albero sempre fiorito; non come il nostro pruno, che per gran parte dell'anno è tutto stecchi. Ma quello noi non l'abbiamo saputo fare.
La casa tornò nell'ombra. Il vecchio prese a incollare le assicelle del lettino. Le due donne si rimisero a tagliare lenzuoli e coperte. L'ospite aveva alzato una mano bianca, come per benedire.
In quel punto si udì un confuso gridolino, simile a canto di uccello nella prima alba.
-È lei che chiama! - disse la madre alzandosi.
-No, sogna - soggiunge la nonna.
Si alzarono tutt'e tre, socchiusero l'uscio, rimasero in ascolto. Quel farfugliamento si ripeté, e poi non più.
Si volsero, allora, verso la luce e videro che la stanza era vuota.
-Se n'è andato! - esclamò la madre.
Aprirono la porta, si affacciarono dinanzi allo stellato freddo della notte. La neve scintillava nel quadrato di luce e non aveva un'impronta. Si guardarono con un palpito.
E poi fu la madre a dire per prima, tenendo le mani sul tronco nero del pruno:
-Vedete, è tutto fiorito! Non è neve, sono fiori, fiori vivi!
Si fecero allora il segno della croce; e in fondo ai loro cuori sentirono la gioia di una primavera rifiorita nella tempesta.