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Un Natale a Villa Maria (di Claudia Tonin)


Le luci rosse e blu dell’albero di Natale si accendono a intermittenza. 
Linda sorride soddisfatta contemplando la sua opera. 
“Adesso dobbiamo solo preparare il presepio, domani Arturo ci porta il muschio e poi cominciamo. Va bene Eva?” 
Le sorrido. 
“Certo che va bene, mi piace Natale!” 
“A chi lo dici! Persino questo posto si ravviva un po’ con le luci e i festoni. Anche da te ci sono gli alberi di Natale?” 
“Quando ero piccola, con comunismo, non potevamo, ma ora mia sorella fa albero tutti gli anni.” 
Ricordo che mia nonna amava dire le preghiere a Natale e anche se non si poteva. 
Povera nonna! Morta così giovane. 
Poi mi guardo in giro. 
Sono nella sala ricreazione di Villa Maria, la casa di riposo dove lavoro. 
Le carrozzine con i vecchi mi circondano, Maria si sta asciugando gli occhi da quando abbiamo preso l’abete di plastica e lo guarda come fosse un gioiello. Ada canta la sua nenia e Vilma osserva qualcosa fuori dalla finestra. 
Forse è meglio che nonna sia morta giovane. 
È il terzo Natale che faccio qui. 
Che pena tutti questi poveri vecchi abbandonati e soli! 
Oh, ci sono anche brave persone. Mario veniva tutti i giorni a trovare sua mamma, la signora Olga, ha 97 anni ed è ancora molto lucida. L’anno scorso per Natale l’hanno portata dalla figlia di Mario. Quest’anno però non potrà farlo. Quel bravo signore di settant’anni è morto d’infarto due mesi fa. Una bella morte, come ha detto Linda, ma la povera Olga è rimasta per giorni a guardare la porta sperando che arrivasse. Le rimaneva solo lui. Forse per Natale verrà la nipote, la figlia di Mario. 

Preparo il refettorio mentre la direttrice accompagna due nuovi venuti, sono un uomo giovane e una donna più o meno della stessa età. Si assomigliano, forse sono fratelli. 

“Abbiamo già iniziato a preparare gli addobbi per Natale, facciamo una bella festa, ovviamente siete invitati. Vedrete Antonietta sarà seguita molto bene, le nostre educatrici cantano spesso con gli ospiti. Canti natalizi come “Tu scendi dalle stelle”, “Astro del ciel” e poi c’è la tombola! A chi non piace la tombola?” spiega la direttrice. Lei annuisce e pare soddisfatta, lui serra le labbra. Ecco è lui. C’è sempre uno dei familiari che non vuole lasciare a Villa Maria il suo vecchio. In questa coppia di fratelli è lui. 
Probabilmente vorrebbe tornare indietro convincere la sorella, invece è qui, ma non si rassegna. 

La direttrice va avanti, lui si volta a fissarmi e poi viene verso di me. 
“Mi scusi, lei lavora qui?” 
“Ho il camice rosso della cooperativa, non vede? O pensava che fossi Babbo Natale?” 
Ride. 
“Sì, lo vedo, ma è qui da molto, cioè, vorrei chiedere…” 
“Lo so quello che vuole chiedere. Sì, li trattano bene, tutti. Parenti però devono venire a trovarli altrimenti loro si spengono, come candele.” 

Ha dei begli occhi scuri, grandi, mi osserva con attenzione, valuta se dico bugie. 
“Credo che quello che ha detto sia molto vero” si allunga e legge la targhetta con il nome che porta appuntata sul camice. 
“Eva?” 
“Sì Eva, sarebbe Genoveva, ma voi non riuscite a dirlo bene, quindi Eva e basta.” 
“Rumena?” 
“Sì” e aspetto che dica qualcosa, di solito arrivano commenti e domande idiote. 

Sta zitto. Guarda pensieroso la sala con le carrozzelle lungo le pareti, pare assorto. 

“Chi portate qui?” chiedo. 
“Mia nonna”. 
“E vostri genitori?” 
“Mio padre è morto qualche anno fa, mia madre è mancata la settimana scorsa, era lei che accudiva nonna.” 

Mentre parla di sua madre capisco che è ancora addolorato. È giovane, ma gli italiani sembrano sempre giovani. Come la mia vicina di casa ha dieci anni più di me, due figli e pare mia sorella minore, suo marito uguale. 

Quanti anni avrà quest’uomo? La mia età? 

“Sua mamma è stata brava figlia se si occupava di nonna.” 
“Sì, ha ragione. Io, noi, non possiamo accudire mia nonna come faceva lei. Francesca ha i suoi figli, il lavoro e io…” 
“Lei, sua moglie? Voi non potete?” 
Lui scuote la testa. 
“Non ho una moglie e lavoro tre mesi all’estero e uno in Italia. Sono tornato quando ho saputo.” 
Poveretto non ha salutato sua madre! 
Mi sento in colpa. 
“Scusi, non sono affari miei, pensavo lei non volesse lasciare qui sua nonna.” 
Sorride. 
“Ottima osservatrice! Non voglio, infatti. Ma Francesca abita qui vicino e può venire spesso a trovarla. Non posso chiederle di farsi carico della nonna, mentre io che sono solo non lo faccio, le pare?” 
“No, non può.” 

Mi saluta e prosegue perché sua sorella gli fa strani cenni. 
So già che presto avremo una nuova ospite. 
Non dovrei criticare chi porta qui i vecchi, se non ci fossero i vecchi io non avrei lavoro. 
Qui sto bene, la direttrice è brava, tutto è pulito, le infermiere e i dottori li visitano sul serio i vecchi. Linda è gentile con me e anche le altre della cucina. Solo che vedo tante cose tristi, ogni anno penso che vorrei morire giovane, piuttosto che stare qui. 

“Metti muschio sotto capanna, traballa.” 
“Ora lo metto.” 
Linda posa la pecora che tiene in mano e prende dell’altro muschio. 
Sistemo bene i sassi colorati per fare il vialetto, siamo tutte e due così assorte nel preparare il presepio che, quando lei arriva, non la vediamo. 
“Scusate signore, dove posso trovare una vostra ospite che si chiama Olga De Notaris.” 
Mi giro subito. 
Che bella donna! 
“Figlia di Mario, vero? È bella come lui. Mi è tanto spiaciuto quando è morto.” 
Ha gli occhi grandi e azzurri di suo padre, il suo sorriso triste quando mi risponde. 
“Grazie signora, è stata una morte improvvisa. Almeno è andato via sereno.” 
“Lo conoscevamo bene, veniva tutti i giorni da Olga” aggiunge Linda, mettendosi in piedi. 
“Sì, papà voleva molto bene alla nonna.” 
“Lei nipote venuta per portarla via per Natale?” 

Un’ombra passa sul viso bello e truccato della ragazza. 
“No, il dottore non mi lascia portarla via. Abito a Londra adesso, il viaggio sarebbe troppo lungo. Però voglio vederla.” 
L’accompagno da Olga, mi dice che si chiama Elisa che ha un mese di ferie per le feste di Natale. Poi ci ritroviamo in giardino. 

So che fa male ma mi piace fumare e fumo. 
Anche Elisa fuma. 
“Salve!” mi saluta sorridendo. 
“Brrrr che freddo! Come fa lei solo con il grembiule” 
“Sotto camice ho maglione e non siamo mica al Polo Nord!” 
“Non mi piace il freddo.” 
“Per fumare si fa qualche sacrifico” aggiungo. 
Ridiamo. 

Mi racconta un po’ di Mario, di lei, del suo lavoro a Londra e mi chiede. 
“Da dove vieni? Posso darti del tu? Avremo la stessa età?” 
“Certo, sono rumena, ho trentacinque anni.” 
“Che ti ho detto Eva! Io ne ho trentasei. Da quanto sei in Italia?” 
“Quindici anni.” 
“Si sente ancora tanto l’accento.” 
Rido, nessuno me lo dice mai, ma so che è vero. 
“Succede questo: dentro mia testa parlo benissimo italiano, neanche sbaglio congiuntivo.” 
Lei ride. 
“Poi, quando apro bocca, parole si legano a lingua e perdo pezzi.” 
“Credo di capirti bene, anche a me a volte capita con l’inglese.” 
Abbiamo finito la sigaretta e rientriamo, siamo di nuovo nel salone, Elisa guarda l’abete pieno di decorazioni e di luci festose. 
“Almeno avete fatto l’albero di Natale, un po’ di allegria, è così triste questo posto.” 

Andiamo in saletta refettorio, lì troviamo Olga che parla con la signora nuova e il bell’uomo dell’altro giorno. 
“Buona sera” dico, lui mi sorride e risponde subito 
“Ha visto che sono tornato a trovare mia nonna?” 
“Mi fa piacere” rispondo. 

Elisa non è più vicino a me, lo sta guardando anzi i due si guardano, si conoscono? 
“Riccardo?” 
Lui apre la bocca sorpreso vuole parlare ma Olga lo precede. 
“Certo che è lui! Vieni. Visto che ho trovato Antonietta? Poveretta non ci sta più con la testa. Pensa che Sara è morta dieci giorni fa e Riccardo non era neanche qui, si trovava a Norimberga. È tornato dalla Germania appena lo hanno avvisato!” 
“Sara è morta? Mi spiace Riccardo.” 
I due si salutano e si baciano sulle guance. 
“Grazie Elisa. Che strano trovarci qui…” 
“Pensandoci bene ci trovavamo sempre dalle nostre nonne, quindi no, non è strano.” 
Lui diventa ancora più triste. 
“Allora mia nonna ci preparava i dolci.” 
“Eva!” mi chiama Olga, che è un demonio di donna, e mi ricorda la mia, di nonna. 
“Avevi bisogno di aiutanti per le luci dell’albero di Natale.” 
“Signora Olga, io e Linda già fatto albero.” 
“Fuori c’è ancora il pino da addobbare come ogni anno. Non l’hai ancora fatto. Portati via questi due, ti aiuteranno loro.” 
“Ha ragione, dovevo proprio farlo. Vieni Elisa mi aiuti?” 
Prendo le luci e usciamo. Riccardo ed Elisa parlano fitto fitto, faccio per salire sulla scala ma lui mi sblocca, dice che non va bene e sale lui, con quel cappotto che costerà una fortuna, si mette a sistemare le luci mentre lei lo aiuta. 

Potrei non esserci, questi due suonano una musica tutta loro! 
“Non potevo lasciar a Francesca l’onere di nonna. Non posso aiutarla, sono troppo spesso all’estero. Questa volta ho lavorato a Norimberga, due mesi fa ero a New York, in gennaio andrò a Londra.” 
“Ti capisco benissimo, ora abito a Londra. Era mio padre a seguire nonna Olga.” 
“Mi spiace, non ti ho nemmeno fatto le condoglianze.” 
“Non ti preoccupare, sono così stanca di parlare di morti. Dimmi di te, saranno vent’anni che non ci vediamo.” 
“Finite le superiori.” 
“Infatti, ha studiato legge poi?” 
“No, ingegneria, lavoro per una ditta che costruisce turbine e altri componenti idraulici, una multinazionale inglese, la sede è a Londra.” 
“Magari è una mia cliente, lavoro per la JP Morgan.” 
“Pensa te! Come è piccolo il mondo, in gennaio quando torno in Inghilterra potrei venirti a trovare.” 
“Mi farebbe piacere.” 
“Qui abbiamo finito, rientriamo?” 
“Dov’è Eva?” 

Dietro l’angolo buio, così voi parlate tranquilli. 
“Non so dove sia, io fumo, vuoi una?” 
“No, e non dovresti neanche tu, fa male.” 
“Via Riccardo, sempre il solito? Dopo tanti anni sempre a pensare al bene di tutti?” 
Lui ride e si passa la mano tra i capelli. 
“Credo che non cambierò mai.” 
“Sarà felice tua moglie di avere sposato un uomo salutista.” 
“Non sono sposato.” 
Lei lo guarda sorpresa. 
“No? Avrei detto che Olga mi avesse parlato del tuo matrimonio.” 
“Lo sono stato, Anna è morta tre anni fa.” 
No! Poveretto quest’uomo è troppo infelice. 
“Scusa, non lo sapevo.” 
Lui sorride e si mette le mani in tasca. 
“Non è colpa tua ma del tumore ai polmoni che aveva.” 
Elisa si guarda la sigaretta che tiene in mano, la spegne sotto una scarpa. 
“Riesco sempre a dire le cose sbagliate nel momento sbagliato?” chiede costernata. 
“Abbastanza.” 
Ridono e tornano dentro tenendosi per mano. 

Le luci dell’albero sono tutte bianche, mancano due giorni a Natale, come mi piacerebbe la neve, come a casa mia. I bambini sarebbero così felici… 

“Settantasette, le gambe delle donne!” dice ridendo Linda. 
Ottavio alza la mano contento. 
“Tombola!” 
Un coro di “ancora” risuona tra le carrozzine della sala comune. 
Alcuni familiari ridono, si sa che tombola la fa sempre Ottavio. Sono qui da tre anni e ha sempre vinto lui. Poveretto è così felice. 
Mi giro e vedo Elisa parlare con Olga. Poi si avvicina Riccardo ed Elisa si illumina. 
Serve mica essere dei geni per capire che si piacciono! 
Quando vanno fuori in giardino vado da Olga. 
“Signora Olga anche Natale è passato.” 
“E Ottavio ha fatto di nuovo tombola” risponde lei e ridiamo. 
“Elisa presto tornerà a casa” dice tornando seria. 
“Non ancora, mancano due settimane.” 
“Sai Eva, non la capisco mia nipote. Hai visto come sta bene con Riccardo? Si conoscono da quando erano bambini, sono stati inseparabili da piccoli. Lui diceva sempre che da grande l’avrebbe sposata, invece ha sposato quella povera ragazza che è morta giovane. Adesso che si sono trovati dovrebbero stare insieme. C’è sempre tempo per restare soli, guarda me?” 
“Signora Olga non è sola, ci sono io.” 
“Via non fare la ruffiana, tu hai i tuoi figli e un bravo marito e va bene così. Vorrei che anche Elisa avesse qualcuno.” 
“Se chiede a Gesù Bambino magari lui porta questo dono.” 
“Magari Eva, magari! Vai a vedere che combinano e poi torna a riferire, sono bloccata su questa sedia” e tocca il ferro delle ruote. 
Esco piano in giardino e li vedo, sono uno di fronte all’altro, stanno parlando. 
Non so cosa dicono, i loro visi mostrano bene che sono felici. D’un tratto si abbracciano e si baciano. 
Mi viene da ridere, qualcosa di freddo si ferma sulla guancia. 
“Neve!” dico ad alta voce. 
Loro fanno un salto e mi guardano imbarazzati, poi alzano la testa. 
“Nevica!” esclama sorpreso Riccardo. 
“A Natale, che meraviglia!” dice Elisa felice e lo abbraccia. 

Vado via, ho visto tante cose belle. 
“Allora Eva, che succede fuori?” 
“Signora Olga succede che fuori nevica e che suo desiderio è stato esaudito, penso proprio sua nipote non starà più sola.” 
“Finalmente! Erano anni che chiedevo questo regalo di Natale! Dai Eva, spingi questa carrozzella vicino alla finestra, voglio guardare l’ultima neve della mia vita.” 
“Spingo signora Olga, ma non deve più dire cose sciocche.” 
Lei mi accarezza la mano mentre la spingo. 
“Sei una brava ragazza.” 
Poi tace e guarda i grossi fiocchi di neve, simili a piume, posarsi sugli alberi del giardino. 
Riccardo ed Elisa sono abbracciati e ridono, Olga si rilassa e poi si appisola. 
Resto con lei per un po’, dopo vado a sistemare Nino che vuole togliersi la flebo, ci sono tanti vecchi qui che non sono bravi. Io e Linda dobbiamo sistemarli tutti, è quasi ora di cena. 

Mi giro e vedo che Olga dorme ancora, mi avvicino e le tocco la mano. 
Ha un bel sorriso sul volto ma la sento così distante, così ferma. 
Ho paura. 
“Linda, Linda!” 

Dopo il funerale della signora Olga, Elisa mi ha portato una busta c’era l’assegno, soldi che sua nonna mi ha lasciato. L’ho ringraziata, lei mi ha baciata e mi ha chiesto: 
“Secondo te è meglio morire giovani o vivere a lungo e finire in uno di questi posti orrendi?” 
“Non importa quanto si vive, importa quanto amore si è dato e quanto si è ricevuto.” 
“Cercherò di darne tanto allora. Chi avrebbe mai pensato che avrei trovato l’amore in un ospizio per vecchi?” 
Rido. “Io no di certo. Vai che Riccardo aspetta. Lui migliore regalo di Natale che potessi desiderare.” 
Lei si allontana e lo raggiunge in giardino, in mezzo alla neve. 
Quello che vedo ora dalla finestra sarebbe molto piaciuto alla signora Olga.