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Una fiaba d'autunno


" A Bosco Antico l'autunno era colorato di rosso, di giallo e di marrone. Quei colori mi sembravano caldissimi, così come caldo e familiare era quell'odore di umido che mi umettava le narici. I funghi sembravano essere cresciuti ovunque, almeno quando andavo a raccoglierli con Vecchina, che mi sapeva indicare i più gustosi e saporiti e mi insegnava a riconoscere le specie non commestibili.
Tra questi ultimi, era assolutamente proibito toccare la tignosa verdognola, diffusa un po' dappertutto e l'ovolo malefico, dal bel cappello rosso punteggiato di bianco, che ritornava sempre nei miei disegni di Gnomi e Folletti.
Nei boschi di pino raccoglievamo l'igroforo, sotto i castagni il gallinaccio e il porcino, tra le querce il raro ovolo, il porcinello e il chiodino.
Nei boschetti di robinia e negli spiazzi erbosi trovavamo invece la mazza da tamburo e Vecchina mi aveva insegnato che si dovevano cogliere solo quelle grandi e mai quelle piccole.
Con i primi freddi, gli uccelli migratori si levavano in alti stormi al di sopra delle nostre teste, ed imparai a riconoscere la garzetta, la nitticora, il lodolaio, la rondine di mare, le tortore, i rondoni, il codirosso, l'usignolo e altri ancora.
Vecchina li osservava ogni autunno e mi raccontò, mentre passeggiavamo nel bosco, di come una volta proprio in questa stagione, le fosse capitato di scorgere un airone che uscendo dal fiume si era fermato nel mezzo di una radura solitaria nel bosco.
Lei poi aveva distolto lo sguardo e quando aveva nuovamente guardato nella radura aveva visto, con sua grande sorpresa, una fanciulla che vestiva soltanto di veli bianchi e con l'aspetto che potrebbe prendere un airone cinerino se si trasformasse in una giovane donna.
Era esile come un giunco, con un lungo collo aggraziato, una corta chioma rossiccia sul capo, lunghe gambe e danzava a piccoli passi rapidi, con movenze eleganti seguendo il ritmo del vento tra le foglie.
Nel corso della danza prese poi a muovere armoniosamente le braccia. Tutto il corpo sembrò vibrare, emanando sensazioni di gioia, di calore di colori. Era un turbinio di bianco e di rosso. A quel punto un vento gentile la sollevò su, sempre più su, fino a farla volare via con sè nuovamente in forma di airone.

Vecchina, dopo avermi raccontato quella sua incredibile visione, era rimasta a lungo in silenzio e si muoveva nel bosco con la consueta armonia. Forse mi stava insegnando l'importanza del sapersi muovere senza fare rumore, così almeno ritenni, seguendola in silenzio senza proferire parola, anche se ero un po' stanca e forse avevo assunto un'aria imbronciata come a volte fanno le bambine quando non tutte le cose vanno come loro avrebbero voluto.

In effetti avrei preferito rimanere nella casetta di Vecchina a giocare con il gatto Mirtillo o ad assaggiare qualche marmellata di frutti di bosco. Vecchina probabilmente si accorse del mio stato d'animo perché poco dopo si sedette ai piedi di una grande quercia, e li rimase silenziosa per alcuni minuti.
Mi sedetti anche io, e potei osservare come, al di sopra delle nostre teste, si stendesse un vero e proprio soffitto di rami intrecciati. Probabilmente sbuffai per la stanchezza o perché pensai a come erano più comode le poltrone di casa di Vecchina.

Ella mi guardò con occhi ridenti e disse: " Bisogna stare sempre ben attenti a non farsi dominare da stati d'animo spiacevoli, dato che chi non sa difendere la propria armonia difficilmente può arrivare a conoscere quei mondi incantati di cui tante volte ti ho narrato [...] "

Da: I racconti della Vecchina del Bosco- di Barbara Fiore- Ed Terra di Mezzo