TI ADORO
T'adoro al pari della volta notturna,
o vaso di tristezza, o grande taciturna!
E tanto più t'amo quanto più mi fuggi,
o bella, e sembri, ornamento delle mie notti,
ironicamente accumulare la distanza
che separa le mie braccia dalle azzurrità infinite.
Mi porto all'attacco, m'arrampico all'assalto
come fa una fila di vermi presso un cadavere e amo,
fiera implacabile e cruda, sino la freddezza
che ti fa più bella ai miei occhi.
PROFUMO ESOTICO
Quando, a occhi chiusi, una calda sera d'autunno,
respiro il profumo del tuo seno ardente,
vedo scorrere rive felici che abbagliano
i fuochi di un sole monotono;
una pigra isola in cui la natura
esprime alberi bizzarri e frutti saporosi,
uomini dal corpo snello e vigoroso
e donne che meravigliano per la franchezza degli occhi.
Guidato dal tuo profumo verso climi che incantano,
vedo un porto pieno d'alberi e di vele
ancora affaticati dall'onda marina,
mentre il profumo dei verdi tamarindi
che circola nell'aria e mi gonfia le narici,
si mescola nella mia anima al canto dei marinai.
I CAPELLI
O bella chioma che ti increspi in onde
fino sul collo, o boccoli, o profumo
acuto e denso d'abbandono, èstasi!
Per popolare stasera l'alcova
oscura di ricordi addormentati
in questa massa di capelli, come
un fazzoletto s'agita nell'aria,
scuoterò la tua chioma. Vive in te,
nel profondo, aromatica foresta,
l'Asia languida e l'Africa cocente,
tutto un mondo lontano, assente, quasi
defunto. Se altri spiriti veleggiano
sulla musica, il mio sul tuo profumo,
o dolce amore, naviga. Laggiù
dove le piante e gli uomini, di linfa
pieni, a lungo gioiscono all'ardore
dei climi, andrò: voi, trecce, siate l'onda
che mi rapisce! Tu contieni, o mare
d'ebano, un sogno abbagliante di vele,
di rematori, di bandiere e antenne:
un porto risonante dove l'anima
a larghi sorsi può bere il profumo,
il suono ed il colore; ove vascelli,
nell'oro e nel marezzo scivolando,
spalancano le loro vaste braccia
per stringere la gloria d'un ciel puro
nel quale freme l'eterno calore.
Io tufferò, d'ebbrezza innamorato,
in questo oceano nero ove si annida
l'altro oceano il mio capo. Ritrovarvi
saprà il sottile spirito sfiorato
dalla carezza del rullio, o feconda
accidia ed infiniti ondeggiamenti
d'ozi odorosi! Dell'immenso e curvo
cielo l'azzurro mi ridate, o chiome
turchine, voi di tenebre distese
padiglione; sugli orli vellutati
dei tuoi ricci ritorti, con ardore
m'inebrio degli odori insieme fusi
d'olio di cocco, di catrame e muschio.
A lungo, sempre, nel tuo folto crine
seminerà la mia mano il rubino
la perla e lo zaffiro, perché sorda
tu mai sia, se ti chiama il desiderio.
Non sei tu la borraccia da cui bevo
a sorsi lunghi il vino del ricordo?
IL SERPENTE CHE DANZA
O quant’amo vedere, cara indolente,
delle tue membra belle,
come tremula stella rilucente,
luccicare la pelle!
Sulla capigliatura tua profonda
dall’acri essenze asprine,
odorosa marea vagabonda
di onde turchine,
come un bastimento che si desta
al vento antelucano
l’anima mia al salpare s’appresta
per un cielo lontano.
I tuoi occhi in cui nulla si rivela
di dolce né d’amaro
son due freddi gioielli, una miscela
d’oro e di duro acciaro.
Quando cammini cadenzatamente
bella nell’espansione,
si direbbe, al vederti, che un serpente
danzi in cima a un bastone.