Volendo Giove d'una masseria
fare l'affitto, in terra
mandò Mercurio a stendere i contratti.
Concorse molta gente
inutilmente,
ché dopo un mar di ciarle, o perché poco
sembri il vantaggio a petto della spesa,
o per cento incertezze intorno ai patti,
quasi fallìa l'impresa.
Un tale finalmente
un'offerta azzardò poco prudente,
di prendere, cioè,
la fattoria per sé
a queste condizioni,
che Giove gli lasciasse facoltà
di fare a suo capriccio le stagioni.
Volesse caldo, vento, umido o secco?
Bastasse aprir la bocca e in un momento
ecco la pioggia ed ecco
il caldo, il secco, il temporale, il vento.
Giove disse di sì. Quindi firmato
il suo capitolato,
il nostro galantuomo padron de' campi
fa il doppio Pescator di Chiaravalle.
Innaffia, soffia, tuona, accende i lampi,
e muove la stagione
dell'aria anche padrone.
Di questo suo lunario
straordinario
non ebbero i vicini alcun vantaggio,
non più che i più lontani
americani.
E tuttavia concesse
a lor feconda messe il Gran Tonante,
e vendemmia magnifica, abbondante.
Vedendo il nostro affittaiolo che a stenti
ricava invece il frutto dei denari,
prova a mutar il corso agli elementi,
almanaccando nuovi calendari.
Ma un'altra volta fu maggiore il danno,
mentre i vicini ancora,
che lasciarono a posto le stagioni,
i frutti raddoppiarono dell'anno.
Allora il pover'uomo ginocchioni
si volse a Giove, un nume di buon cuore,
che non fa come i soliti padroni;
e venne alla sentenza
che sa i bisogni nostri
assai meglio di noi la Provvidenza.