PAOLINA
Paolina, dolce
Paolina,
raggio di sole entrato nella mia
vita improvviso;
chi sei, che appena ti conosco e tremo
se mi sei presso? tu a cui ieri ancora
"Il suo nome – chiedevo – signorina?";
e tu alzando su me gli occhi di sogno
rispondevi: " Paolina".
Paolina, frutto natio,
fatta di cose le più aeree e insieme
le più terrene,
nata ove solo nascere potevi,
nella città benedetta ove nacqui,
su cui vagano a sera i bei colori,
i più divini colori, e ahimè! Sono
nulla; acquei vapori.
Paolina, dolce
Paolina,
che tieni in cuore? Io non lo chiedo. E’ pura
la tua bellezza;
vi farebbe un pensiero quel che un alito
sullo specchio, che subito s’appanna.
Qual sei mi piaci, aureolata testina,
una qualunque fanciulla e una Dea
che si chiama Paolina.
AMAI
Amai trite parole che non uno
osava. M'incantò la rima fiore
amore,
la più antica difficile del mondo.
Amai la verità che giace al fondo,
quasi un sogno obliato, che il dolore
riscopre amica. Con paura il cuore
le si accosta, che più non l'abbandona.
Amo te che mi ascolti e la mia buona
carta lasciata al fine del mio gioco.
DONNA
Quand'eri
giovinetta pungevi
come una mora di macchia. Anche il piede
t'era un'arma, o selvaggia.
Eri difficile a prendere.
Ancora
giovane, ancora
sei bella. I segni
degli anni, quelli del dolore, legano
l'anime nostre, una ne fanno. E dietro
i capelli nerissimi che avvolgo
alle mie dita, più non temo il piccolo
bianco puntuto orecchio demoniaco.
MIA MOGLIE
Quando triste rincaso e lei m’aspetta
alla finestra, se la bella e cara
moglie, ad un gesto, il mio male sospetta,
se il disgusto mi legge, od altro, in faccia,
tosto al mio collo le amorose braccia,
come due serpi vigorose, getta;
me solo accusa la sua voce amara.
"E così dice è così che mi torni.
Non un bacio per me, non un sorriso
per tua figlia; stai lì, muto, in disparte;
si direbbe, a vederti, che tu hai l’arte
di distruggerti. Ed io... guardami in viso,
guarda, se alle parole mie non credi,
questi solchi che v’ha lasciato il pianto.
Ero qui sola ad aspettarti; intanto
la nostra casa io l’ho rimessa, vedi?
come nel primo giorno.
Ma tu già non m’ascolti. Che passione,
e che rabbia mi fai!
Non s’ha il diritto, sai,
quando si vive con altre persone,
di tenere per sé le proprie pene;
bisogna raccontarle, farne parte
ai nostri cari che vivono in noi
e di noi".
"Quanto, quanto m’annoi",
io le rispondo fra me stesso. E penso:
Come farà il mio angelo a capire
che non v’ha cosa al mondo che partire
con essa io non vorrei, tranne quest’una,
questa muta tristezza; e che i miei mali
sono miei, sono all’anima mia sola;
non li cedo per moglie e per figliola,
non ne faccio ai miei cari parti uguali.