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Zucca & zucca


E' dolce ma non ingrassa. E' ipocalorica, ma sazia a volontà. E' ottima come antipasto, ma anche come dessert. Vuota o piena, pesante o leggera, estiva o invernale, ornamentale o commestibile, la zucca è un vegetale eclettico. La si può gustare a tavola, ammirare nelle tele dei pittori o nelle forme decorative di fantasiosi artigiani, si può farne fioriere e zuppiere, beneficiarne come sciroppo ricostituente o crema emolliente per la pelle. Allegra, dilagante, trasformista e, se vogliamo, anche un pò trasgressiva.
Perché, per essere un ortaggio, la sua polpa è dolce come quella di un frutto. Un dolce particolare però, solare e fondente, che in gastronomia - per ricordare gli esempi più tipici - rende inconfondibile il sapore del ripieno dei tortelli di Mantova come quello dei cappellacci di Ferrara, le due antiche e belle città della Bassa padana dove in cucina la zucca è di casa.

E dove, se occorre, può essere protagonista dall'antipasto al dessert, come dimostra il seguente menù: zucca fritta, torta di zucca e amaretti, rotolo di zucca e spinaci, pane di zucca, frittata di zucca, polpettone di zucca, risotto di zucca, crema di zucca, composta di zucca e cipolla e - perché no? - gelato di zucca. Senza trascurare i fiori di zucca che, fritti o ripieni, sono la nota leggera e invitante di molti aperitivi.


Alle sue molte virtù, tra l'altro, l'umile zucca aggiunge un particolare che forse non molti conoscono: quella di essere un prodotto "biologicamente corretto".
Crescendo senza problemi su terreni qualitativamente poveri, infatti, non ha bisogno di concimi chimici. In caso di attacchi di parassiti, inoltre, può essere curata con prodotti tradizionali usati anche in agricoltura biologica - come lo zolfo - invece che con i moderni pesticidi. Una notizia che, se più ampiamente diffusa, potrebbe favorire il consumo della zucca oltre ogni previsione. 


La storia 
L'etimologia del termine "zucca" è incerta. Secondo il dizionario Zingarelli, potrebbe derivare dal latino cocutia ("testa"), successivamente trasformato in "cocuzza", "cozucca" e, infine, zucca. Le varietà di zucche sono moltissime e diverse da paese a paese. L’origine della famiglia delle zucche è sconosciuta.

Gli Egiziani, i Romani, gli Indiani d’Oriente, gli Arabi, gli africani del Niger danno testimonianza della loro conoscenza e coltivazione, seppure di varietà diverse. Così come diverse furono quelle portate da Colombo. Ma allora la zucca da dove arriva? Grande o piccola, oblunga, bislunga o tonda, liscia o rugosa, costoluta o bitorzoluta, verde, gialla o striata, la zucca non è nata in Italia.
Arrivò, addirittura, dall'India e gli esperti - catalogandola come Lagenaria vulgaris - ne fecero a priori un cibo per mense contadine, che nei secoli avrebbero però originato ricette squisite. Poi, con la scoperta dell'America, giunsero una dopo l'altra zucche grandi come le tre cucurbite: pepo, maxima e moschata.
Colpirono la fantasia, ma piacquero anche al palato, tanto che ne sono derivate le specie oggi più diffuse e consumate in Lombardia, Veneto ed Emilia, le regioni dove l'ortaggio si è meglio acclimatato, dov'e' coltivato in maniera intensiva in piccole aree e dove il suo consumo è abituale tutto l'anno (e non occasionale, come in Campania, in Puglia o in Sicilia).

La zucca appartiene alla grande famiglia delle Cucurbitacee della quale fanno parte, per esempio, anche i cetrioli e i cocomeri. Quelle usate più comunemente in cucina appartengono alla specie Cucurbita maxima (es. Zucca Marina di Chioggia) e Cucurbita Moschata (es. Zucca di Napoli).
Ai tempi dei romani, svuotata della polpa ed essiccata, la zucca diventava un contenitore leggero ed impermeabile, usato, per esempio, per trasportare il sale o il vino, il latte o i cereali. A seconda della forma, da alcune zucche sono stati ricavati anche piatti. Ciotole e cucchiai o, addirittura, strumenti musicali come maracas sudamericane.

La biologia 
Variegata nei colori, rapida nella crescita, mutevolissima nella forma per una connaturata quanto innocente mania di grandezza, la zucca viene tenuta a bada nei confini degli orti, dove altrimenti diventerebbe padrona, mentre è lasciata più libera nei campi, dove striscia, s'attorciglia, s'impenna, dilaga in un tripudio di foglie e di frutti da staccare al momento opportuno, perché non superino il limite della misura. 

La zucca, infatti, è in continuo divenire e per alcune qualità non commestibili il risultato finale può anche essere smisurato: oltre il quintale per una specie battezzata, con indubbio verismo, "Mammut". Ma si tratta di eccezioni, proprio come quella da Guinnes dei primati (449 Kg) che un giorno lievitò in un campo di Ashton, in Canada.

Chiamata "cocuzza" nell'Italia meridionale e "suca" in quella settentrionale, la zucca vanta una famiglia - quella delle Cucurbitacee - molto allargata, di cui si contano 90 generi e 900 specie. Il buonsenso, tuttavia, ha fatto sì che soltanto una decina di queste arrivasse all'onore delle nostre padelle. Come quella da sempre considerata la migliore in gastronomia, la cosiddetta "Marina di Chioggia", tondeggiante e schiacciata ai poli, con la scorza rugosa che sfuma dal grigio al verde e la polpa zuccherina particolarmente saporita.
O come la "Lunga di Napoli", di forma quasi cilindrica - ricorda una clava e può raggiungere anche un metro di lunghezza - e dalla scorza che varia dal ruggine all'arancio, eccellente interprete di qualsiasi ricetta; la "Berretta di Mantova", tonda e dalla sapida polpa; la "Mantovana", oblunga, dalla scorza rugosa beige-aranciata e la polpa arancione; o, ancora, la "Delica", più nota con il nome di "Giapponesina", di taglia media, verde di pelle e dolce di polpa.

Proprio come ogni altro alimento color arancio, la zucca è particolarmente ricca di vitamina A (che giova alla formazione del tessuto epiteliale e al rinnovamento delle cellule) e di potassio (indispensabile per la trasmissione degli impulsi nervosi, la sintesi di alcuni enzimi e, con il sodio, per l'equilibrio idrico delle cellule). Secondo l'istituto nazionale della nutrizione, 200 grammi di zucca al giorno sono sufficienti a coprire il fabbisogno medio quotidiano del nostro organismo.

Le varietà
Infinite sono le varietà di questo ortaggio che giunge a maturazione a fine estate e che è reperibile sul mercato per tutto l'inverno. Le varietà più coltivate in Italia sono la "marina", chiamata anche di "Chioggia" e quella detta di "Napoli".

La prima è molto diffusa nelle regioni settentrionali. Ha forma sferica con poli leggermente schiacciati, scorza molto dura e polpa arancione morbida, adatta per la cottura in forno. La seconda è invece più diffusa al Sud e ha forma oblunga anche incurvata e polpa molto dolce; è indicata per zuppe, minestroni e passati. Inoltre esistono piccole zucche non commestibili usate in genere per confezionare allegri centritavola.

MARINA di CHIOGGIA 

Di forma rotonda e molto schiacciata ai poli, ha la scorza rugosa di colore che varia dal grigio al verde. La polpa è compatta, zuccherina e molto saporita. È considerata la migliore fra le zucche da cucina.

LUNGA di NAPOLI 

Di forma allungata, quasi cilindrica, con un rigonfio ad una estremità che la rende simile a una clava. Il colore della scorza varia dal ruggine all'arancio.

AMERICANA 
Di forma rotonda, con costolature molto evidenti. Il colore della scorza è variamente screziato, generalmente nei colori arancio e verde.

Zucca in cucina
La zucca, escludendo alcune zone molto ristrette del Nord, è un ortaggio un pò dimenticato. Ottima per zuppe, risotti e contorni, si presta anche come ingrediente per i dolci. Buonissimo per esempio è il purè di zucca che si prepara esattamente come quello di patate (zucca bollita e passata dal passaverdure, mantecata con latte e burro fresco).
In un ambiente fresco e asciutto, le zucche intere si conservano per molti mesi mentre una volta tagliate vanno consumate nel giro di pochi giorni.
Si, la zucca è dolce, ma non ingrassante. Anzi, per il suo scarso valore calorico - 17 calorie ogni 100 grammi - il buon contenuto di fibre e il gratificante potere saziante, è ideale per dimagrire. A patto, naturalmente, che sia consumata senza eccessiva aggiunta di condimenti.
Va precisato, infatti, che la zucca è molto "golosa". Le piacciono il burro, i formaggi, la salsiccia e anche i tartufi. Va a nozze con il risotto, i funghi e gli spinaci. Diventa crema, zuppa, gratin. E, come detto all'inizio, si nasconde nei ripieni di quei piccoli scrigni di pasta all'uovo che sono i tortelli di Mantova e i cappellacci di Ferrara, il cui sapore sorprende il palato per quel particolare gusto pastosamente dolce, a volte appena acceso da una punta d'amaro.
Indicare con precisione come, dove e quando le paste farcite siano nate è difficile. Però è provato che sono antichissime (si parla già di tortelli in un manuale di gastronomia del '300) e che il successo maggiore l'hanno sempre riscosso in Italia, tanto che ricette a suo tempo pubblicate da grandi cuochi francesi erano chiaramente ispirate alle nostre. Neppure si può stabilire se siano nati prima i tortelli di Mantova o i cappellacci di Ferrara.
Nella loro padana tranquillità, fortunatamente, la città dei Gonzaga e quella degli Estensi non hanno mai rivendicato un primato del genere ne', tanto meno, ingaggiato una di quelle noiose e inutili battaglie che vedono restare i contendenti cocciutamente fissi (in tal caso davvero zucconi!) sulle rispettive posizioni gastronomiche. Così ognuna governa il suo territorio con la propria pasta ripiena: Mantova è la regina dei tortelli e Ferrara lo e' dei cappellacci, anche se in tutta l'antica area del Lombardo-Veneto (Pianura padana centro-orientale, ai due lati del Po) sono diffusi gli uni e gli altri, pur con leggere varianti nel ripieno, nel rapporto uova-farina della sfoglia e nel condimento finale: si sa, gli chef sono creativi e rivisitano la tradizione.
A volte con successo, a volte meno. I più rispettosi del classico farciscono i tortelli mantovani con il ripieno povero, com'era una volta: soltanto zucca e pangrattato. Oggi, però, viene utilizzato con maggior frequenza quello, ben più ricco, con zucca, mostarda di mele, amaretti, formaggio, uova, noce moscata, sale e pepe. Quanto ai cappellacci, i puristi esigono che il ripieno sia unicamente di zucca, con appena un "che" di parmigiano reggiano. Le due paste si riconoscono dalla forma: rettangolari i tortelli, che hanno il bordo più lungo - quello festonato dalla rotella dentata che li ha tagliati - leggermente ondulato; tondi e ripiegati come i cappelletti (o tortellini, come li chiamano in Emilia), ma grandi tre volte tanto, i cappellacci.
Se, anticamente, i tortelli lessati e sgocciolati erano insaporiti soltanto con il lardo di maiale, che fondeva al loro calore, oggi si cospargono quasi sempre con burro leggermente fuso e formaggio grattugiato; ma ci può essere anche la versione che prevede, tra l'altro, la pancetta tritata. I cappellacci, invece, sono di solito conditi con il ragù classico o, volendo, anche con sughi ai funghi e ai tartufi.

Rispetto a un tempo, la zucca ne ha fatta tanta di strada. Da Cenerentola dell'orto che era - cibo povero della cucina contadina -, è salita alle cucine ducali o di corte, dov'e' stata ingentilita ed arricchita, per poi diffondersi a vasto raggio in quelle borghesi. Oggi, grazie alle molte qualità sul mercato e ai metodi di conservazione perfezionati, è possibile gustarla tutto l'anno.


Le curiosità


Vuote o piene, pesanti o leggere, estive o  invernali, ornamentali o commestibili, le zucche nel loro vegetale eclettismo spaziano dalla gastronomia all'arte e alla farmacopea, diventando facilmente oggetto e soggetto.
Pertanto, oltre a gustarle a tavola nelle interpretazioni degli chef, possiamo ammirarle nelle tele dei pittori o nelle forme decorative in cui le hanno trasformate fantasiosi artigiani; utilizzandole come fioriere, fruttiere o zuppiere per la loro stessa polpa divenuta minestra o risotto; beneficiarne come sciroppo ricostituente o come crema emolliente per la pelle.
Una bella zucca rotonda, svuotata dai semi e di parte della polpa, può ancora essere usata come coreografico contenitore per la zuppa o il risotto. Occorre prima lucidare la scorza con un panno morbido quindi ritagliare il coperchio nel quale si può incidere anche un piccolo incavo per il mestolo.
Perché la zuppa non si raffreddi, conviene mettere la zucca svuotata nel forno ben caldo, per una decina di minuti.
L’uomo ha sempre usato le zucche anche per scopi non alimentari. Quelle a fiasco svuotate servivano a trasportare i liquidi; quelle più piccole per la polvere da sparo, tabacco, sale. In Liguria certe zucche a fiasco venivano legate su pezzi di sughero e colorate vivacemente: erano così trasformate in segnalatori galleggianti delle reti calate in mare. Alcuni tipi erano usati anche per insegnare a nuotare.