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IL PERICOLO E' SEMPRE IN AGGUATO (CAPITOLO QUARTO)


Riuniti nel bazar di Harry, i gatti decisero che il piccolo non poteva restare nell'appartamento di Zorba. Là correva troppi rischi, il maggiore dei quali non era tanto la minacciosa presenza dei due gatti poco di buono,quanto quella dell'amico di famiglia

«Disgraziatamente gli umani sono imprevedibili. Spesso con le migliori intenzioni causano i danni peggiori» sentenziò Colonnello.

«Proprio così. Pensiamo per esempio a Harry, che è un brav'uomo dal cuore d'oro, ma che siccome prova un grande affetto per lo scimpanzè e sa che gli piace la birra, ogni volta che ha sete gliene dà bottiglie su bottiglie.Il povero Mattia è ormai alcolizzato, ha perso ogni ritegno, e tutte le volte che si ubriaca si mette a strillare canzoni terribili. Terribili!» miagolò Diderot.

«E che dire dei danni che fanno consapevolmente? Pensiamo alla povera gabbiana che è morta per quella dannata mania di avvelenare il mare con la loro spazzatura» aggiunse Segretario.

Dopo una breve consultazione decisero che Zorba e il pulcino avrebbero vissuto nel bazar finché quest'ultimo non avesse imparato a volare. Zorba sarebbe andato nel suo appartamento tutte le mattine in modo che l'umano non si allarmasse, e poi sarebbe tornato indietro a prendersi cura del piccolo.

«Non sarebbe male che l'uccellino avesse un nome» suggerì Segretario.

«È esattamente ciò che stavo per proporre. Temo che questo vizio di togliermi i miagolii di bocca sia più forte di lei» si lamentò Colonnello.

«Sono d'accordo. Deve avere un nome, ma prima dobbiamo scoprire se è maschio o femmina» miagolò Zorba.

Non fece in tempo a chiudere la bocca che Diderot aveva già tirato giù dallo scaffale un tomo dell'enciclopedia. Il diciannovesimo volume,corrispondente alla lettera S, e sfogliava le pagine cercando la parola 'sesso'.

Disgraziatamente l'enciclopedia non diceva nulla su come distinguere il sesso di un piccolo gabbiano.

«Bisogna riconoscere che la tua enciclopedia non ci è servita a molto» si lamentò Zorba.

«Non ammetto dubbi sull'efficacia della mia enciclopedia! In questi libri c'è tutto il sapere» ribatté offeso Diderot.

«Gabbiano. Uccello marino. Sopravento! L'unico che può aiutarci a scoprire se è un pulcino o una pulcina è Sopravento» dichiarò Segretario.

«È esattamente quello che stavo per miagolare. Le proibisco di continuare a togliermi i miagolii di bocca!» brontolò Colonnello.

Mentre i gatti miagolavano, il pulcino faceva una passeggiata tra dozzine di uccelli imbalsamati. C'erano merli, pappagalli, tucani, pavoni, aquile, falchi, che lui guardava impaurito. All'improvviso un animale con gli occhi rossi, che non era affatto imbalsamato, gli sbarrò la strada.

«Mamma! Aiuto!» stridette disperato.

Il primo ad arrivare fu Zorba, e appena in tempo, perché in quel precisoistante un topo di fogna stava allungando le zampe anteriori verso il collo del pulcino.

Quando vide Zorba, il ratto fuggì dentro una fessura del muro.

«Mi voleva mangiare!» stridette il piccolo attaccandosi a Zorba.

«Non avevamo pensato a questo pericolo. Credo che bisognerà miagolare seriamente coi topi» spiegò Zorba.

«D'accordo. Ma non far troppe concessioni a quegli svergognati» consigliò Colonnello.

Zorba si avvicinò alla fessura. Dentro era molto buio, ma riuscì a scorgere gli occhi rossi del ratto.

«Voglio vedere il tuo capo» miagolò Zorba deciso.
«Sono io il capo dei topi» si sentì rispondere dall'oscurità.

«Se tu sei il capo, allora valete meno degli scarafaggi. Avvisa il tuo capo» insisté Zorba.

Sentì che il topo si allontanava. I suoi artigli graffiavano i tubi su cui correva. Dopo qualche minuto vide ricomparire i suoi occhi rossi nella penombra.

«Il capo ti riceverà. Nello scantinato delle conchiglie, dietro il baule dei pirati, c'è un'entrata» squittì il ratto.

Zorba scese nello scantinato. Cercò dietro il baule e vide che nel muro c'era un foro dal quale poteva passare. Scostò le ragnatele ed entrò nel mondo dei topi. Puzzava di umidità e di sudiciume.

«Segui i tubi di scarico» squittì un ratto che non riuscì a vedere.

Obbedì. Man mano che si spingeva avanti strisciando sentiva che la pelliccia gli si riempiva di polvere e di sporco. Avanzò nell'oscurità finché non arrivò in un pozzetto illuminato a stentoda un fioco fascio di luce del giorno. Zorba suppose di essere sotto la strada e che i raggi filtrassero dal tombino della fognatura. Il posto puzzava, ma era abbastanza alto da poter stare in piedi su tutte e quattro le zampe. In mezzo scorreva un rigagnolo di acque immonde. Poi scorse il capo dei topi, un grosso ratto dalla pelliccia scura, con il corpo pieno di cicatrici, che ammazzava il tempo passando e ripassando un artiglio sugli anelli della coda.

«Questa è bella. Guardate un po' chi ci fa visita. Il gatto ciccione» squittì il capo dei topi.

«Ciccione! Ciccione!» fecero coro dozzine di ratti di cui Zorba scorgeva solo gli occhi rossi.

«Voglio che lasciate in pace il pulcino» miagolò risolutamente.

«E così i gatti hanno un pulcino. Lo sapevo. Si raccontano molte cose nelle fogne. Si dice che sia un pulcino saporito. Molto saporito. Hi hi hi!»squittì il capo dei topi.

«Molto saporito! Hi hi hi!» fecero coro gli altri ratti.

«Quel pulcino è sotto la protezione dei gatti» miagolò Zorba.

«Lo mangerete quando sarà cresciuto? Senza invitarci? Egoisti!» accusò il ratto.

«Egoisti! Egoisti!» ripeterono gli altri topi.

«Come ben sai, ho liquidato più ratti io dei peli che ho addosso. Se succede qualcosa a quel pulcino, avete le ore contate» lo avvertì tranquillamente Zorba.

«Senti, palla di sego, hai pensato a come uscire da qui? Potremmo ridurti a un bel purè di gatto» minacciò il topo.

«Purè di gatto! Purè di gatto!» ripeterono gli altri ratti.

Allora Zorba saltò sul capo dei topi. Gli atterrò sul dorso,  imprigionandogli la testa con gli artigli.

«Stai per perdere gli occhi. Può darsi che i tuoi seguaci mi riducano a un purè di gatto, ma tu non lo vedrai. Lascerete in pace il pulcino?» minacciòZorba.

«Che brutti modi hai. Va bene. Niente purè di gatto e niente purè di pulcino. Si può negoziare su tutto nelle fogne» accettò il topo.

«Allora negoziamo. Cosa chiedi in cambio per rispettare la vita del pulcino?» chiese Zorba.

«Passo libero nel cortile. Colonnello ha dato ordine di sbarrarci la strada del mercato. Passo libero nel cortile» squittì il topo.

«D'accordo. Potrete passare nel cortile, ma di notte, quando gli umani non vi vedranno. Noi gatti dobbiamo badare al nostro prestigio» spiegò Zorba lasciandogli la testa.

Uscì dalla fogna camminando all'indietro senza perdere di vista né il capo dei topi né le dozzine di occhi rossi che lo fissavano con odio.