D’inverno i gatti si radunano sui tetti a far concerto. Sbuca da un comignolo Messer Codanera, grattando un violino scordato. Viene Don Grigione, che pizzica coi baffi il mandolino. E altri ancora ne arrivano da tutte le parti, con chitarre, violoncelli, viole d’amore, flauti e pifferi.
Quando l’orchestra è al completo, si dà il via alla suonata.
Ma i gatti, si sa, non sono musicisti disciplinati; se uno vuol suonare l’Aida, potete star certi che un secondo preferirà il Rigoletto, e un terzo attaccherà per conto suo la Traviata. Per questo nel concerto dei gatti non si riesce mai a capire la melodia, anzi non si sente nessuna melodia, ma una sola miagolata.
A loro, poveretti, sembra una gran musica. Ma più poveretti son quelli che la debbono sentire, perché abitano sotto i tetti nelle vicinanze.
Una sera di quelle, proprio mentre il concerto infuriava come un temporale, Messer Codanera udì una voce insolita mescolarsi al miagolio dei suoi compari.
- Zitti tutti - ordinò - Qualcuno ha stonato.
I gatti tacquero. Si sentì allora il trillo purissimo ed armonioso di un usignolo, che da un ramo di cipresso cantava la sua canzone alla luna.
- Ohibò - gridò Messer Codanera - Ohibò, da quella parte: come vi permettete di disturbare il nostro concerto? Non vi accorgete di stonare?
L’usignolo continuò a infilare note come perle.
- Smettetela, quando vi si dice di smetterla! - strillò Codanera - Andate prima a studiare musica, e poi tornate a farvi sentire.
Tutti i gatti, l’uno dopo l’altro diedero sulla voce al piccolo usignolo, senza riuscire a farlo star zitto. Al balcone di una casetta un poeta si era affacciato a guardare la luna. La rabbia dei gatti lo fece ridere assai. E alla fine disse:
- Non siate tanto superbi, signori gatti. State zitti voi piuttosto, e imparate la musica dall’usignolo. Siete voi che stonate, e disturbate i sonni della gente perbene.
E siccome non si volevano chetare, li mise in fuga con un secchio d’acqua, e potè ascoltare tranquillamente il canto dell’usignolo.
Fiabe lunghe un sorriso