In un tempo ormai lontano, viveva in Olanda un contadino che traeva dalla terra i prodotti necessari al suo sostentamento. Egli conosceva soltanto le nozioni indispensabili alla propria sopravvivenza. Conosceva quindi il ritmo delle stagioni, e quando seminare e quando raccogliere, le erbe buone per nutrire le bestie da lui accudite, e le erbe cattive che le avrebbero avvelenate. Altro non sapeva: ignorava dunque l'esistenza delle grandi città che cominciavano a sorgere non molto lontano da lui, il concetto e l'utilità del denaro, i miracoli della sapienza degli uomini.
Accadeva che, spinto dall'ansia di un'attesa senza scopo, si soffermasse talora ad osservare la lunga fuga dei campi verdi, di un verde monotono, sempre uguale, interrotto soltanto dagli ordinati canali di irrigazione che riflettevano il cielo. E il suo sguardo si spingeva fino all'orizzonte che dove lui viveva sembrava ancora più lontano di quanto non sia solitamente l'orizzonte, perché la sua terra piatta non era in alcun modo interrotta dalle linee ondulate dei monti.
Poiché era giovane, talvolta un comando impellente correva nelle sue vene, ma egli ne ignorava il significato, perché da quando si ricordava, era sempre stato solo, e così pensava - se pure pensava un futuro che non fosse l'immediato accadere dopo il presente - che sempre sarebbe stato.
Accadde tuttavia che un giorno, saltando senza motivo, in un impeto di felicità, un canale che scorreva quieto fra i verdi prati silenziosi che erano l'unico mondo da lui conosciuto, piombò in un mondo di bellezza che gli era ignoto: egli vide, spuntati tra l'erba sottile, fiori stupendi dai mille colori, aperti come ninfee, e sospesi su essi creature di luce, vestite di veli anch'essi dai mille colori, e con grandi ali leggere scintillanti d'argento, di quello scintillio che egli aveva scorto, nelle notti di luna piena, capovolto nei mille canali che attraversavano la sua placida terra.
Erano innumerevoli, quelle creature, e ciascuna aveva in mano uno strumento fatto di luce, che suonava insieme alle altre, in armonia di suoni. Una sola tra tutte non possedeva alcuno strumento. Era la più bella di quegli esseri lucenti e muoveva piano le sue leggere ali di farfalla, e rideva felice, danzando la musica evocata dalle compagne, musica che il giovane era certo non fosse umana, anche se di umano non aveva mai udita altro suono che quello del vento che spazzava le grandi pianure che erano tutto il suo mondo. In quella bella creatura sorridente il giovane contadino concentrò alfine il comando imperioso che correva talvolta nelle sue vene, la somma di tutte le cose che sapeva esistere anche se gli erano sconosciute, l'ansia di bellezza che troppe volte lo aveva divorato quando osservava il mare fondersi nel cielo, all'orizzonte.
E l'amò, senza nemmeno sapere che era amore, d'un subito, profondamente e inutilmente, con la disperazione di chi intuisce di amare l'irraggiungibile.
La creatura fatata non conosceva purtroppo l'amore, poiché quello è un dono riservato agli uomini, ed anche loro solo raramente riescono a possederlo, ed ancor più raramente a condividerlo: la creatura era bella, buona e gentile, ma non poteva comprendere l'ansia che divorava il giovane umano.
Lui, a sua volta, che vedeva la bellezza e la bontà di lei, che si struggeva per la malia evocata dalla sua danza e dalla musica e dai canti delle fate compagne, si lasciò consumare dal desiderio di tutto questo fino a morirne, addormentandosi quieto, in un giorno d'aprile, al suono di quella musica, sull'argine del canale che un destino imperscrutabile, un giorno, gli aveva ordinato di attraversare.
La regina delle fate, sfiorata forse per la prima ed unica volta in quella sua vita diversa da un senso di umana pietà, pur non comprendendo il motivo di quella morte, intuì confusamente di esserne la causa innocente, e volle che le terre che il giovane aveva amato in vita, fossero da allora, nel mese aprile, coperte dai fiori che servivano da casa alle fate.
E' da allora che ogni anno, nel mese di aprile, i tulipani fioriscono tutti insieme, a migliaia, coloratissimi, nella terra d'Olanda.
Pare che chiunque abbia visto questa miracolosa fioritura, non fatichi a credere in questa storia che ne racconta l'origine fatata.
Curiosità
Si ritiene che il tulipano sia stato introdotto in Europa dalla Persia, ed in effetti ancor oggi in Iran gli innamorati si scambiano tulipani come simbolo d'amore.
Giunti comunque in Europa, i tulipani divennero di moda, grazie alle donne francesi che per prime li apprezzarono. La moda dilagò poi dalla Francia all'Olanda, dove si selezionarono nuove varietà ed i tulipani divennero oggetto di coltivazione intensiva; i bulbi venivano contrattati con accanimento dai ricchi mercanti olandesi, e le più rilevanti di tali contrattazioni all'inizio si svolgevano nel palazzo del mercante Van der Burse, palazzo che si trasformò nella sede non soltanto del commercio dei tulipani, ma anche di altri prodotti. Derivò così dal nome di quel mercante la parola Borsa, che ancora oggi indica il luogo delle contrattazioni di titoli azionari e di monete.