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La storia di Salvapesce

Un bambino raggiunge il padre lontano attraversando il mare.

C’era una volta un bambino il cui padre era ambasciatore giapponese alla corte cinese, e la cui madre era una signora cinese. Quando il bambino era ancora in fasce, l’ambasciatore dovette tornare in Giappone. Allora egli disse alla moglie: “Io giuro di non dimenticarti e di spedirti lettere attraverso l’ambasciatore che verrà dopo di me, e per quanto riguarda il nostro bambino, manderò qualcuno a prenderlo non appena sarà svezzato”. Così dicendo se ne andò.

Bene, gli ambasciatori cambiarono uno dopo l’altro (almeno un anno ciascuno), ma mai una lettera giunse dal marito giapponese alla moglie cinese. Finchè la donna, stanca dell’attesa e della sofferenza, prese il suo bambino per mano, e tristemente lo portò in riva al mare, con appesa al collo la scritta “il figlio dell’ambasciatore giapponese”. Poi lo gettò in mare in direzione dell’arcipelago giapponese, fiduciosa che il legame paterno fosse impossibile da rompere, e che, pertanto, padre e figlio si sarebbero sicuramente incontrati di nuovo.

Un giorno, mentre l’ex ambasciatore, il padre, cavalcava lungo la spiaggia di Naniwa (dove poi venne costruita la città di Osaka), vide qualcosa di bianco galleggiare in mezzo al mare, come una piccola isola. Si avvicinava galleggiando, e il padre osservò più attentamente. Non c’era alcun dubbio: si trattava di un bambino. Piuttosto stupito, fermò il cavallo e guardò di nuovo. L’oggetto galleggiante si avvicinava sempre più. Alla fine si distingueva perfettamente essere un bel bambino, di circa quattro anni, spinto in avanti dalle onde.

A un’occhiata ancora più attenta emerse che il bambino cavalcava con coraggio il dorso di un enorme pesce. Quando lo strano cavaliere scese sulla spiaggia, l’ex ambasciatore ordinò ai suoi servi di prendere il povero piccolo in braccio, quando ecco, ecco! videro il cartello al suo collo, su cui era scritto: “il figlio dell’ambasciatore giapponese”. “Oh, sì”, esclamò, “dev’essere mio figlio, che sua madre deve avere gettato in mare, arrabbiata per non aver ricevuto nessuna lettera da me. Ora, a causa del legame indissolubile che unisce genitori e figli, mi ha raggiunto in modo sicuro, cavalcando il dorso di un pesce”. Il padre prese quindi il bambino e lo curò amorevolmente.

Per il tramite dell’ambasciatore successivo che andava alla corte cinese, il padre fece avere una lettera alla moglie, in cui l’informava di ogni cosa, e lei, che aveva temuto che il bambino fosse morto, si rallegrò della sua straordinaria fuga.

Il bambino crebbe fino a diventare un uomo, con una splendida calligrafia. Essendo stato salvato da un pesce, gli fu dato il nome di “Salvapesce”.