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La principessa incantata


C’era una volta un povero calzolaio che aveva due figlioli: il maggiore si chiamava Elmerico ed era maligno e prepotente; l’altro si chiamava Gianni e aveva un carattere mite.
Il padre, chissà perché, aveva scambiato la prepotenza di Elmerico per coraggio, e la sua malignità per furberia, mentre la mitezza di Gianni gli sembrava soltanto stupidità. Perciò stimava moltissimo il maggiore, mentre si vergognava un po’ del secondo. Un giorno in cui era andato all’osteria udì parlare alcuni clienti.
- Vi assicuro che è così – diceva uno. – La figlia del re è stata rapita da uno stregone che la tiene prigioniera in un castello pieno di tesori. Chi riuscirà a superare tre prove imposte dallo stregone, sposerà la principessa e diventerà padrone di tutte quelle ricchezze.
“Ecco un’impresa fatta apposta per il mio Elmerico”, pensò subito il calzolaio. “Coraggioso e intelligente com’è, supererà le tre prove e libererà la principessa; la sposerà e diventerà re. Corro subito a dirglielo”. E infatti, ritornò a casa in gran fretta e narrò tutto al figliolo. Elmerico, naturalmente, decise di partire subito, e il calzolaio, per dargli un equipaggiamento degno di lui, vendette persino le suppellettili di casa, e riuscì a comprargli un bel cavallo e anche un’armatura.
Al mattino successivo il giovane balzò in sella e salutò tutti:
- Non appena avrò sposato la principessa manderò una carrozza d’oro tirata da sei cavalli a prendere voi e quello sciocco di Gianni.
Spronò il cavallo e partì di gran corsa. Galoppa, galoppa, Elmerico giunse ben presto a una foresta selvaggia che circondava il castello dello stregone. Il viaggio, fino a quel momento, era stato facile e il giovanotto, convinto che fosse merito suo, cresceva via via in baldanza e in prepotenza. Scacciò col frustino gli uccelli che cantavano sugli alberi; fece passare il cavallo proprio sopra un formicaio fatto a cupola, schiacciando le formiche; vide un alveare appeso a un ramo e con un colpo di spada lo fece volare in pezzi; e infine, passando vicino a un lago dove nuotavano dodici anatroccoli, li chiamò offrendo loro del cibo e quando furono vicini, ne uccise undici mentre il dodicesimo riuscì a salvarsi a stento.
Finalmente giunse davanti al castello, ma il portone era chiuso.
Elmerico allora scese da cavallo e incominciò a sferrare gran calci alla porta. A un tratto una finestrella si socchiuse e una vecchina si affacciò:
- Che cosa vuoi? – chiese.
- Sono venuto a liberare la principessa. Ho fretta!
- Io no – commentò la vecchietta. – Torna domattina alle nove.
La finestra si richiuse e, sebbene pieno di rabbia, Elmerico dovette rassegnarsi e passò la notte nel bosco. La vecchietta lo aspettava e aveva in mano un cestello pieno di miglio. Gettò a manate il miglio in mezzo all’erba folta poi disse:
- Raccogli tutti questi granellini; fra un’ora tornerò e il lavoro dovrà essere terminato.
Rientrò nel castello ed Elmerico borbottò:
- Roba da pazzi! Quella vecchia scherza. Non incomincio nemmeno.
Andò a fare una passeggiata e dopo un’ora ritornò. La vecchina lo aspettava:
- Così non va bene – disse severamente. – Vediamo la seconda prova.
Tolse di tasca dodici chiavette d’oro e le gettò in uno stagno.
- Va a ripescarle – disse. – Fra un’ora tornerò.
Elmerico, rimasto solo, si mise a ridere.
- Dovrei ripescare le chiavette? – commentò. – E’ perché, allora, quella vecchia le ha buttate? E’ un lavoro inutile.
Andò a fare una passeggiata e dopo un’ora ritornò. La vecchia lo aspettava.
- Così non va bene, non va bene – ripeté con la faccia scura.
Lo prese per mano ed entrarono nel castello. Salito un lungo scalone, si trovarono in una sala alla cui estremità c’erano tre figure uguali, tutte coperte di veli.
- Una di quelle è la principessa – disse la vecchia. – Scegli, ma pensaci bene prima di dire qual è. Tornerò tra un’ora.
- Scelgo quella di destra! – gridò il giovane sicuro di sé.
Allora le tre figure gettarono i veli: quella di mezzo era la bellissima principessa; le altre, due orribili draghi.
Il drago di destra afferrò Elmerico e lo gettò dalla finestra: non appena toccò terra egli diventò un sasso.
Intanto a casa i genitori aspettavano sempre la carrozza, ma non la vedevano comparire. Un giorno Gianni disse:
- Babbo, lascia che provi anch’io.
- Povero scioccherello! – rispose il padre scrollando la testa. – Se Elmerico, che è tanto intelligente, non è riuscito, come potrai riuscire tu?
Ma Gianni insistette tanto che finalmente ottenne il permesso. Tuttavia il padre, che aveva già speso tanto per il figlio maggiore, non possedeva più un soldo, e il ragazzo dovette partire a piedi e senza armi.
Cammina, cammina, giunse nella foresta che circondava il castello. Di animo mite com’era, ringraziò gli uccelli per i loro dolci gorgheggi, evitò con cura il formicaio e anzi aiutò le formiche a ricostruire il nido distrutto; collocò un bel mazzo di fiori accanto all’alveare, e visti altri dodici anatroccoli che nuotavano nello stagno, sbriciolò nell’acqua gli avanzi della sua colazione.
Finalmente giunse davanti al castello e bussò al portone con garbo. Quando la finestrella si aprì, si tolse il berretto e salutò:
- Buona signora, scusate il disturbo. Vorrei provare a superare le tre prove …
- Bene, figliolo: ti aspetto domattina alle nove.
L’indomani quando Gianni ritornò, la vecchina gettò il miglio fra l’erba e disse:
- Raccoglilo entro un’ora.
Poi se n’andò. Gianni incominciò, ma era un’impresa disperata: dopo tre quarti d’ora stava per abbandonar l’opera, quand’ecco apparire fra l’erba una fila interminabile di formiche. Ciascuna portava un granello di miglio e in un attimo il cestino fu pieno.
- Bene, bene – disse la vecchietta quando tornò.
Getto le dodici chiavi d’oro nello stagno e aggiunse:
- Ripescale entro un’ora.
Gianni stava domandandosi come avrebbe fatto, quando vide giungere i dodici anatroccoli che portavano una chiave d’oro nel becco. A uno a uno s’accostarono alla riva e gliela porsero. Così anche questa prova fu superata e finalmente la vecchia lo introdusse nella sala dov’erano le tre figure velate.
- Una di esse è la principessa. Scegli bene – raccomandò.
Gianni studiò a lungo le tre figure, ma erano proprio identiche! Come fare? In quel momento dalla finestra entrarono alcune api che incominciarono a ronzare intorno alla figura centrale.
- Scelgo quella di mezzo – gridò il giovane.
I veli caddero e quella di mezzo era proprio la principessa che portava una corona di fiori sulla testa; perciò le api si erano avvicinate a lei, fuggendo dai due draghi che puzzavano di pesce e di zolfo.
Gianni era così riuscito a rompere l’incantesimo e grazie a lui i sassi sotto le finestre ridiventarono giovanotti: fra essi c’era Elmerico.
La principessa ringraziò il suo salvatore e spedì subito un servo ad avvertire il re. Alle nozze, che furono celebrate con grandi feste, parteciparono anche i genitori dei due giovani, giunti in una carrozza d’oro.
Ma la carrozza era stata mandata da Gianni non da Elmerico!