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Gli animali processano gli uomini

Molto tempo fa, quando gli uomini e gli animali parlavano la stessa lingua, succedeva che avessero spesso da ridire gli uni con gli altri accusandosi reciprocamente per malefatte o comportamenti giudicati malvagi. Insomma litigavano spesso tra loro. Soprattutto gli animali accusavano gli uomini di ucciderli senza rispetto delle regole e senza tener conto di tutto l'aiuto che erano soliti dare all'uomo.

Un giorno un boscaiolo che era intento a tagliare una grossa pianta vicino a uno stagno, vide alcuni ranocchi, li prese e, acceso un fuoco, si apprestava a cuocerli per mangiarli. I ranocchi si dimenavano e si lamentavano e vedevano prossima la loro fine sinché uno di essi disse al boscaiolo: «Senti, se non ci uccidi e ci liberi ti confideremo un segreto». «Dimmi», disse il boscaiolo. «Prima liberaci», propose il ranocchio più grosso che sembrava il capo, «e poi ti dirò tutto». Il boscaiolo ci pensò su e alla fine incuriosito disse: «Va bene, libererò tutti i tuoi compagni, tu invece rimarrai lì e solo quando mi avrai detto di cosa si tratta, ti libererò». «Va bene», disse il ranocchio. Il boscaiolo allora liberò tutti gli altri e tenne invece prigioniero il grosso ranocchio.

«Ora dimmi», disse, «e non raccontarmi frottole, perché altrimenti ti mangio subito e poi vado a riprendere i tuoi compagni». «Volevo confidarti un segreto che riguarda gli uomini e gli animali della foresta», disse il ranocchio. «Dimmi tutto», replicò il boscaiolo.

«Devi sapere», disse allora il ranocchio, «che domani, sotto il grande banano vicino al fiume, tutti gli animali della foresta si riuniranno, faranno una grande festa e poi terranno una riunione che ha lo scopo di processare gli uomini».

Il boscaiolo incuriosito da questa affermazione, disse: «Senti, io ti libero, ma tu devi portarmi a quel banano di modo che possa sentire cosa mai dicono gli animali e in che consiste questo loro processo». «Va bene», rispose il ranocchio, «però devi stare nascosto, perché altrimenti ti assalgono e ti uccidono». E così fu convenuto. L'indomani, di buon'ora, il boscaiolo, lasciati a casa due fratelli che avevano espresso dei dubbi sulla rivelazione, accompagnato dal ranocchio, partì per raggiungere il luogo della riunione. Nessun animale era ancora arrivato e il boscaiolo si nascose tra i rami di un altro grande albero lì vicino, dal quale avrebbe potuto vedere e udire tutto. Verso mezzogiorno cominciarono ad arrivare gli animali e ben presto la foresta fu invasa dalle grida, da strepiti e discussioni. Giunsero tigri, elefanti, orsi, cinghiali, conigli, scoiattoli, cervi e poi anche formiche e pesci.

 La tigre, che si sentiva il re della foresta dichiarò aperto il processo e cominciò ad accusare l'uomo di non avere nessun rispetto per lei che della foresta era il re. «Mi da la caccia», disse con aria feroce, «e uccide me e i miei figli e questo è davvero intollerabile». Cominciò allora una discussione vivace e ogni animale aveva da dire la sua. «Non hai ragione di lamentarti», dissero gli altri animali, «è giusto che l'uomo ti dia la caccia, perché tu uccidi i suoi galli, i maiali e i bufali e a volte non risparmi neppure l'uomo; è per questo che l'uomo ti uccide». E tutti furono d'accordo che per questi motivi l'uomo non poteva essere condannato. Allora la tigre, furibonda, lasciò l'assemblea e se ne tornò nel mezzo della foresta. 

Parlò poi il cinghiale: «La tigre, è vero, uccide l'uomo ed è per questo che l'uomo le da la caccia, io però mi limito a mangiare radici e foglie e non faccio male a nessuno però l'uomo da anche a me una caccia spietata e uccide i miei figli». Tutti ascoltarono pensierosi ma poi dissero: «È vero, tu mangi foglie e radici, ed è proprio questo il problema. L'uomo coltiva i suoi orti per mangiare e tu glieli distruggi calpestandoli e mangiando le radici delle sue piante; è giusto che l'uomo ti uccida, perché non fa altro che proteggere i suoi campi». Anche il cinghiale allora se ne andò infuriato. 

Venne poi il turno della formica. «Voi siete grandi e grossi», disse, «e potete difendervi, mentre io sono piccola, che motivo ho di essere uccisa? Eppure l'uomo distrugge la mia tana per impadronirsi delle uova, usa fumo per disperderci e ogni volta ci uccide a migliaia». Pareva che nessuno avesse da ridire su questa accusa ma poi si alzò la scimmia che disse: «Eh no, voi formiche avete grandissimi torti. Dove c'è cibo arrivate a migliaia e lo distruggete, poi pizzicate e rubate il riso dei campi portandolo nelle vostre tane, è giusto che l'uomo vi uccida, anzi dovreste essere tutte sterminate». A queste parole le formiche lasciarono l'assemblea e si rifugiarono nelle loro case. 

Toccò poi al pesce denunciare il suo caso. «L'uomo», disse, «sulla terra deve competere con tutti gli animali, ed è questa la ragione del conflitto; ma io sto nell'acqua, non uccido gli animali dell'uomo, non distruggo i suoi raccolti, nemmeno guardo il suo cielo, eppure l'uomo getta le sue reti e mi cattura. Perché mai deve essergli concesso questo?».

Parlò allora un grosso rospo che aveva ascoltato con attenzione le lamentele del pesce. «È vero», disse, «l'uomo mangia i frutti della terra, ma poi beve acqua, e la vorrebbe limpida e pulita, mentre voi pesci lasciate escrementi ovunque e la sporcate e perciò è giusto che l'uomo vi uccida e poi la vostra carne è buona. Invece, per quanto mi riguarda, noi rospi abbiamo deciso che l'uomo sia condannato a morte perché ci trascura, è arrogante con la nostra razza e disprezza i nostri servizi. 

Pensate che noi rospi mangiamo le mosche che infestano le sue case e lo avvisiamo quando sta per piovere di modo che possa premunirsi. Ma ora siamo stanchi della sua boria e abbiamo deciso la sua fine». «E come faremo a ucciderlo?», chiesero gli altri animali. «Non dobbiamo far altro che aspettare», disse il rospo. «Dovete sapere che fra qualche giorno il Dio dell'Acqua sfiderà il Dio del Cielo, si scateneranno temporali fortissimi e una pioggia spaventosa inonderà tutta la terra. Ma questa volta non avvertiremo gli uomini di ciò che sta per succedere, così non potrà ripararsi e morirà».

All'annuncio che un diluvio avrebbe sommerso la terra, tutti gli animali fuggirono pensando a come potersi salvare. Anche il boscaiolo, spaventato, scese dall'albero dove si era nascosto e chiese al ranocchio come fare per potersi salvare. Il ranocchio rispose: «Abbatti un grande banano e costruisciti una zattera, poi caricala di riso e sistema un fuoco per poterlo cucinare. L'acqua raggiungerà senz'altro la zattera, ma questa galleggerà e poi si abbasserà tornando sulla terra allorché il diluvio sarà finito. In tal modo potrai salvarti». Il boscaiolo tornò a casa e avvertì del pericolo che avrebbero corso i suoi due fratelli, che lo stavano aspettando. I tre uomini allora seguirono attentamente i consigli del ranocchio. Prepararono una zattera, la caricarono di riso e vi misero un fuoco.