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Il Pastore e il Leone

Le favole non son soltanto favole, ma quasi una moral sono ristretta. Coloro che s'annoiano alla predica ascoltan di buon cuor la barzelletta.
Contare per contar è cosa semplice, ma al ben mirano quei, che in tutti i tempi coltivaron quest'arte antica e classica di raccontar aneddoti ed esempi.
Questi in poche parole il succo stringono e diritti camminano allo scopo. Fedro parve succinto ai vecchi critici, ma ancor di lui più lesto è il vecchio Esopo.
Che dirò di quel Babria sì laconico, che strinse in quattro versi i suoi racconti? Se ciò sia bene o mal vedano i critici, contentiamoci intanto dei confronti.
Al qual intento conterò del Frigio la nota favoletta del Pastore, e con qualche ricamo sottilissimo quella che Babria fe' sul Cacciatore.
Ritrovando ogni momento qualche vuoto nell'armento, un pastore sospettò che vi fosse un lupo infame, e un gran laccio nello strame per pigliarlo collocò.
Quindi esclama: - A te il più bello, o gran padre degli dèi, e de' miei il più candido vitello sull'altare io sgozzerò, se mi fai che il reo quadrupede resti preso nel tranello -.
Non avea quest'orazione terminata, che un leone grosso e forte dalla grotta ecco sbucò. Col pallore della morte il pastor perdé la bussola e il suo voto allor cangiò:
- Padre Giove, padre Giove, se un vitello poco fa t'ho promesso, ti prometto adesso un bove -.
Voglion dir queste parole che il mortale mai non sa, ciò che vuole e che non vuole.