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I due amici


Un ragazzo ricco e uno povero crescono assieme: si aiuteranno nelle difficoltà, dimostrando di tenere l’uno all’altro.

Due ragazzi nacquero lo stesso giorno in una tribù africana, e crescendo divennero buoni amici. Ndemi era ricco, mentre Jinjo era povero. Erano così simili nell’aspetto che nessuno era in grado di dire quale fosse l’uno e quale l’altro.

Dopo aver trascorso la giovinezza svolgendo le attività giornaliere della tribù – tagliando l’erba, andando a caccia di lepri, topi e altri animali – Ndemi volle conoscere qualcosa del mondo esterno. E naturalmente chiese al suo amico di andare con lui.

Quando arrivarono al villaggio vicino, Ndemi era così abbagliato dalla bellezza di una ragazza di nome Malama che subito le chiese di sposarlo, aggiungendo: “Sarei disposto a offrire un centinaio di bovini per una tale bellezza.”

“Mio padre è capo del villaggio”, rispose lei, “ed è suo desiderio che io sposi un uomo capace di fare cose sovrumane. Per questo mette a dura prova i miei corteggiatori con imprese difficilissime, tanto che temo di invecchiare senza mai riuscirea trovare marito”.

Al capo il giovane disse: “Signore, voglio sposare vostra figlia, sicuramente la donna più bella di tutta l’Africa. Dimmi cosa fare e sarà fatto. Dove altri hanno fallito, riuscirò, perché il mio amore per tua figlia è senza limiti.”

Ma il giovane si demoralizzò quando il capo gli disse ciò che sarebbe stato il suo compito. Custodito da una vecchia, avrebbe dovuto trascorrere sei giorni e sei notti in una capanna – senza cibo né acqua. E se non fosse riuscito, se avesse chiesto cibo o acqua prima che il tempo fosse finito, sarebbe stato ucciso. Ma essendo perdutamente innamorato il giovane decise di accettare.

Lo misero quindi in una capanna che non aveva finestre. E nel vano della porta stretta e lunga, l’anziana donna dormiva sulla sua stuoia come un cane da guardia. Ndemi mise il suo letto contro il muro che dava sulla strada, e così trascorse il primo giorno lentamente dall’alba al tramonto.

Quando la notte era buia e gli abitanti del villaggio dormivano, Ndemi mise in azione il proprio piano. Dopo aver bagnato il muro, Jinjo fece un piccolo foro in esso con il suo coltello, e attraverso questo buco che spinse una canna vuota, immergendo un’estremità in un cocomero. All’altra estremità, Ndemi riuscì a bere il succo, che dà la vita, senza nemmeno alzarsi dal suo letto, e quando il cocomero finì, Jinjo tolse la canna, risistemò il muro con del fango per nascondere il buco, e se ne andò tranquillamente nel buio.

Fecero così ogni notte, mentre la vecchia diventava sempre più sospettosa, perché nessun pretendente precedente era durato più di tre giorni prima di piangere per il cibo e l’acqua. Nella quinta notte ordinò a Ndemi di dormire contro l’altra parete della capanna, mentre lei si sdraiò sul suo letto. Per la prima volta nella sua vita il giovane ebbe paura.

Mentre il villaggio dormiva e la rane toro gracchiavano giù al fiume, la vecchia sentì un rumore e dopo pochi minuti un giunco cavo spuntò attraverso un buco nel muro. La vecchia raccolse il succo dal cocomero che Jinjo aveva portato in una zucca, quindi gridò, ‘Ecco come ti sei mantenuti in questi cinque giorni – con un imbroglio! Il Capo lo saprà domattina, la mia zucca piena del succo di cocomero sarà la prova che metterà fine alla tua vita!’.

Jinjo sentito questo ritirò la canna con le dita tremanti. Egli sentì anche l’amico piangere, e provò un misto di tristezza e paura. Scappato nel buio, si chiedeva come avrebbe potuto aiutare l’amico che era per lui come un fratello.

Improvvisamente si sentì una voce stridula dal buio: “Giovanotto, sei preoccupato? Posso esserti d’aiuto?”. Jinjo guardò fisso in tutte le direzioni, ma non vide nessuno. “Guarda giù”, squittì la voce: “Io sono Davyaga, il ratto. Dimmi il tuo problema e cercherò di trovare una soluzione”.

Quando Jinjo ebbe raccontato la sua storia, Davyaga disse: “Lascia fare a me. Riposa tranquillamente stanotte. Il tuo amico non è più in pericolo.” E in un attimo se ne andò, con un fruscio tra l’erba secca. Raggiunta la capanna della vecchia, Davyaga rosicchiò per creare un buco attraverso il muro, e mentre la vecchia continuava a dormire, spinse la zucca attraverso il foro dove le formiche bianche, sue amiche, lo attendevano per divorarla. Quando ebbero finito di mangiare la zucca, non rimase neanche una briciola.

Il sole sorse e la vecchia scoprì che non aveva prove, e visto che nessuno credette alla sua storia, Ndemi fu in grado di sposare Malama e portarla al suo villaggio con lui. Suo padre aveva costruito una casa per loro, e una casa per Jinjo il povero. Regalò a Ndemi e Jinjo due coltelli magici, creati dai giganti delle montagne lontane e così simili che nessuno avrebbe potuto distinguere un coltello dall’altro. “Un giorno avrete bisogno di questi coltelli magici”, disse loro.

Dopo alcuni mesi Jinjo il povero disse di avere il desiderio di viaggiare in un paese lontano e di trovare una moglie per se stesso in modo che potesse essere felice come Ndemi con la sua sposa. Ma prima piantò un albero di cotone, e disse che avrebbe lasciato il villaggio quando l’albero fosse cresciuto fino al suo ginocchio.

Quando l’albero crebbe ed egli era in procinto di partire per i suoi viaggi, disse a Ndemi, “Guarda come fiorisce questo mio albero di cotone che ho piantato in un buco tagliato dalla lama magica che mi ha dato tuo padre . Se le foglie diventano secche e asciutte, sarà un segno che io sono o morto o in difficoltà. Addio, e che la vostra felicità possa crescere durante la mia assenza”.

Per giorni viaggiò in tutta pianura fino a che non vide in lontananza un villaggio. Avvicinandosi, sentì il suono del pianto e dei lamenti, un suono triste proveniente dalle gole di centinaia di persone. E proprio davanti a lui vide una ragazza sola, seduta nel letto del fiume asciutto. Lei era bella come Malama, e lui si innamorò di lei prima ancora di avvicinarsi per chiederle quale fosse la causa della miseria nel villaggio.

“Il Dio del fiume è crudele ed esigente. Così il fiume scorre solo quando una ragazza viene sacrificata. Una per una, tutte le fanciulle sono statie divorate dal dio del fiume, e ora è il mio turno, io, Kalima, la figlia del capo, perché io sono l’ultima rimasta, e la mia gente morirà senza l’acqua che solo il mio sacrificio porterà loro. Quindi, vattene e lasciami, prima che il Dio del fiume arrivi al tramonto per divorarmi.

Ma Jinjo rifiutatò di andarsene. Per tutto il giorno stette seduto con lei, dichiarandole il suo amore, e dicendole che l’avrebbe portata al suo villaggio, come sua moglie, dopo aver affrontato il crudele dio del fiume.

Mentre il sole tramontava, ci fu un boato nella sabbia vicino a loro, e dalla terra emerse il più grande serpente che Jinjo avesse mai visto. Era grosso come l’albero di baobab, e il giovane era pieno di paura, ma si precipitò in avanti e con un gesto del coltello magico tagliò la testa del mostro. L’acqua sgorgò dall’enorme serpente senza testa. Ridendo con gioia e sollievo, Jinjo e Kalima corsero fuori dal letto del fiume, che si riempì del liquido che dà la vita e giunse fino al villaggio dove gli abitanti poterono soddisfare la loro sete bevendo avidamente.

Naturalmente, Kalima e Jinjo si sposarono subito, ma poiché la ragazza era – secondo la legge tribale – già stata sacrificata al dio del fiume e quindi non più veramente viva – dovettero costruire la loro capanna a una certa distanza dal villaggio. Questo non li preoccupava, in quanto erano in grado di invitare i loro amici nella capanna, e molti abitanti dei villaggi venivano a passare il tempo con loro.

Poche settimane dopo il matrimonio accadde un fatto sorprendente. Ogni pezzo di carne nel villaggio – braciole, bistecche, salsicce sfrigolanti anche in padella – improvvisamente balzarono in piedi e corsero verso la collina lontana. Jinjo non poteva credere ai suoi occhi. Non aveva mai visto la carne prendere vita!

“Questo accade molto spesso,” gli spiegò Kalima. “La carne corre verso quella collina lontana. Essa ingoia la carne, e fa lo stesso, si dice, con chi va vicino alla possente roccia che giace ai suoi piedi. Non è mai successo, perché tutti hanno paura di quella roccia e nessuno si avvicina mai abbastanza per essere inghiottito”.

Pochi giorni dopo Jinjo andò a caccia con dieci giovani del villaggio. Vedendo un’antilope, iniziarono a inseguirla, e nella foga continuarono a correre anche quando l’animale ebbe superato la roccia temuta, che li inghiottì tutti aprendosi in una voragine.

In quel momento, a molti chilometri di distanza, Ndemi si trovava nei pressi dell’albero di cotone piantato da Jinjo, che ormai era cresciuto fino al suo petto. Le foglie iniziarono a rinsecchirsi, ed egli capì che il suo amico era morto o in grave pericolo. Partì immediatamente.

Tre giorni più tardi giunse alla capanna dove Kalima e Jinjo vivevano. Sembrava così tanto Jinjo che Kalima pensò che suo marito era tornato dalla caccia.

“Te ne sei andato per tre giorni”, gridò. “Devi avere cacciato molti animali per tutti gli abitanti del villaggio!” “Sì”, rispose lui, fingendo di essere Jinjo in modo che lei non si allarmasse. “È stata una caccia molto fruttuosa, ma devo andare via di nuovo subito, perché una grande mandria di bufali si muove attraverso la pianura e abbiamo bisogno di tutta la carne che possiamo cacciare prima che arrivi l’inverno.”

Ndemi ccorse al villaggio e parlò con il capo che gli disse con aria sconsolata: “Certo, non abbiamo detto Kalima quello che è successo, ma dieci giovani e Jinjo sono scomparsi. Non si vedono da tre giorni e crediamo che siano stati inghiottiti dalla roccia sulla collina sacra”.

“Jinjo è il mio più caro amico”, disse Ndemi. “Devo riuscire a salvarlo. Lasciate che alcuni giovani mi guidino a questa roccia maledetta e vedrò cosa posso fare.” Tentarono di dissuaderlo, ma lui insisteva, così dieci giovani cacciatori lo portarono alla roccia. “Eccola,” dissero. “Noi ammiriamo il tuo coraggio, ma abbiamo paura di andare oltre.”

Ndemi si avvicinò alla roccia, e gli altri la videro piegarsi per inghiottirlo. Ma lui la pugnalò con il coltello magico, quella si ruppe in due metà, e i dieci cacciatori dispersi, assieme a Jinjo, saltarono fuori cantando, ridendo, felici di essere tornati con i loro amici alla luce del sole di nuovo.

“Qual è mio marito?” disse Kalima quando i due giovani si presentarono davanti a lei.

“Io sono tuo marito”, disse Jinjo,” e questo è il mio caro amico Ndemi che ha salvato tutti noi”. E le raccontò della loro amicizia e delle avventure insieme, e di come Ndemi era venuto ad aiutarlo quando l’albero di cotone si rinsecchì.

“Che somiglianza!” disse lei. “Che amicizia e devozione! Tutto ciò è meraviglioso e sono orgogliosa di voi due”.

Tornarono quindi a casa assieme a Ndemi, costruirono una capanna vicino alla sua, e vissero una lunga e felice vita assieme.